Drama
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SCHEDA FILM
Titolo: Grace Is Gone
Titolo originale: Grace Is Gone
Nazionalità: U.S.A.
Anno: 2008
Genere: Drammatico
Regia: James C. Strouse
Produzione: Plum Pictures, New Crime
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 01 Agosto 2008
Cast:
hn Cusack, Shélan O'Keefe, Gracie Bednarczyk, Alessandro Nivola, Doug Dearth, Doug James, Zachary Gray, Dana Lynne Gilhooley, Marisa Tomei, Jennifer Tyler, Emily Churchill, Rebecca Spence
TRAMA
C'è stato un periodo in cui Stanley Phillips (John Cusack) aveva chiara tutta la vita davanti a sé. Destinato alla carriera militare sognava di poter servire a lungo il proprio Paese. Era arrivato quasi a realizzare il suo sogno, fino a quando è stato esonerato per un indebolimento della vista. Ora serve i clienti di un negozio di articoli per la casa, mentre la moglie sergente combatte in Iraq. Impacciato a casa come al lavoro, si ritrova a dover crescere - spesso da solo - la figlia dodicenne Heidi (Shélan O'Keefe) e sua sorella Dawn (Gracie Bednarczyk), di otto anni. Sebbene sia un padre amorevole, Stanley non è in grado di essere molto affettuoso e le ragazze sentono profondamente la mancanza della madre. Mentre sopporta il suo lavoro e si barcamena come genitore, Stanley viene colpito duramente quando arriva la notizia che la moglie Grace è rimasta uccisa al fronte. Impreparato lui stesso ad affrontare la tragedia, si trova completamente incapace di dirlo alle figlie. Nel tentativo di fare di tutto pur di ritardare il momento di rivelare la verità alle ragazze, i tre si mettono in viaggio. Mentre si dirigono verso la meta scelta da Dawn, il parco tematico di Enchanted Gardens, Stanley mostra un lato più dolce di sé stesso, cercando di vivere insieme gli ultimi momenti d'innocenza. Più passa il tempo, più si rafforza il loro legame, anche se Stanley sa di dover affrontare l'inevitabile compito di cambiare le loro vite per sempre.
RECENSIONE
E'un film al tempo stesso molto ambizioso e molto contenuto. La “storia” è presto detta: Stanley Phillips è un ex militare, congedato dall’esercito per problemi di vista. Vive nel Midwest con due figlie e la moglie. Ma quest’ultima, un sergente, conosciuta durante l’addestramento per l’esercito, è lontana, impegnata in guerra in un paese straniero. Il giorno in cui a Stanley arriva la tragica notizia della sua morte, l’uomo non riesce a dirlo alle figlie, e per trovare il coraggio di farlo si imbarca con loro e con il suo dolore in una gita fuori programma alla volta di un parco di divertimenti.
Grace is Gone è essenzialmente un film sulla sofferenza che non si può comunicare, sul senso di perdita e di distacco che – già drammatico quando lo si affronta in circostanze “normali” – diventa incomprensibile quando a causarlo è la guerra, che di normale e ordinario ha ben poco. Saggiamente, Strouse non sposa apertamente una causa, ma racconta un personaggio che crede in quello per cui la moglie combatte, e per cui avrebbe voluto trovarsi al posto suo. L’opinione opposta è espressa – narrativamente in modo forse un po’ troppo meccanico – dal fratello pacifista interpretato da Alessandro Nivola, ma giuste o sbagliate che siano le motivazioni che hanno portato al sacrificio di Grace, resta il fatto, enorme, di una famiglia distrutta alle radici, e di due bambine costrette a fare i conti con la propria vita senza l’apporto di una figura fondamentale come quella materna.
Personalmente non riusciremo mai a capire come una donna possa scegliere una via di realizzazione tanto pericolosa e tanto poco in linea con il ruolo di madre, ma è un dato di fatto che la storia raccontata da Strouse è solo una delle tante che hanno afflitto negli anni del conflitto iracheno (nel film mai apertamente nominato) le famiglie delle persone impegnate sul fronte. Strouse sceglie un approccio crepuscolare per il suo racconto: il Midwest diventa il setting ideale per un viaggio dalle atmosfere rarefatte e dalle lunghe notti in auto o in albergo, quando la stanchezza stronca la resistenza dell’uomo e il dubbio tiene sveglia la figlia più grande. Le atmosfere sono sottolineate dalle suggestive musiche di Clint Eastwood, che servono da efficace commento a quello che diventa, nella storia del singolo, il dolore collettivo di una nazione lacerata al suo interno in due anime.
Ma il film – e forse questo è un suo demerito – non esisterebbe senza un’interpretazione come quella di John Cusack, che lo ha anche coprodotto. Anche chi, come la sottoscritta, lo ha sempre apprezzato, non potrà che restare ammirata dalla sua performance, fin da quando entra in scena, appesantito e con la camminata ingobbita di un uomo che non ha realizzato tutte le proprie ambizioni nella vita. Si stenta quasi a riconoscerlo, e la sua è davvero una di quelle prove che – a prescindere al film stesso in cui avvengono – rendono un attore giustamente orgoglioso del proprio mestiere, e regalano allo spettatore un raro momento di riconoscimento: sullo schermo, in quei momenti, non c’è il volto famoso o il noto protagonista di tanti film, ma solo un uomo come gli altri, con cui è più facile identificarsi.
Daniela Catelli